Cosa intendo io per medicina integrata? Questa è una domanda che talvolta mi viene fatta, e la risposta racconta la storia di come io ho trovato adatto definirmi. Mi ero chiesta, già in passato, quale tipo di medicina mi piaceva portare avanti, quale approccio e quale definizione fosse la più calzante. Altri concetti simili non mi piacevano a sufficienza, per esempio “medicina alternativa”: perché a cosa è alternativo? Implica nella parola stessa una contrapposizione, una dualità in cui una persona si può curare o in un modo o nel suo opposto, e non mi corrisponde; la “medicina olistica” mi pare un concetto così inflazionato da aver perso un po’ di vista la connessione al suo significato.

Le riflessioni mi hanno portata a pensare al concetto di “medicina integrata”, che per me personalmente  implica vari livelli di significato. Mi piace la parola integrata perché mi dà l’idea di qualcosa che tiene insieme: integrare e utilizzare da una parte diverse tecniche e competenze, in base a ciò che è necessario in quel momento con quella persona, senza scartare nessuno strumento noto aprioristicamente, ma dall’altra parte mi parla anche di un livello più profondo di significato, dove compare l’idea di più parti e più piani dell’Essere, che vengono tenuti insieme e messi in comunicazione. E’ questo che amo tanto del mio lavoro: poter testimoniare il processo interiore delle persone, che col passare del tempo diventano più intere. Ed è in questo stato di interezza profonda che per me dimora il concetto stesso di guarigione: credo che ogni malattia, o sintomo, o evento della nostra vita, o vissuto interiore per ogni situazione ci parli di noi e di parti che comunicano e di altre parti che non lo sanno fare, o non lo possono fare, o che per mille motivi ci allontanano dalla dimensione di senso.

E in questo si pone il mio lavoro, per come lo vedo: tengo il campo nel cuore, accompagnando la persona a fare i suoi passi, per intuire e comprendere il senso profondo di ciò che c’è e di ciò che accade. E questo processo non finisce mai di riempirmi di meraviglia, sia quando lo vedo succedere dentro di me che quando lo vedo accadere negli altri. Entrare in contatto con quella perla luminosa che è l’essenza di ogni esperienza. Saper apprendere e manifestare quelle qualità nuove, che ci aiutano a trasformare la relazione che abbiamo con noi stessi e con le persone che frequentiamo nella nostra vita. Per questo la medicina integrata è ad ampio spettro e ad ampio respiro, perché l’attenzione è posta sulla persona e sul cammino evolutivo che in quel momento sta facendo.

E può giovare a tante persone con storie completamente diverse, che magari arrivano in ambulatorio con un sintomo o un problema particolare da riportare in equilibrio. Ho trattato persone con dolori aspecifici e generalizzati (un esempio sempre più frequente negli ultimi anni è la fibromialgia) e persone con dolori più localizzati, magari ad una spalla, o a un ginocchio, o alla schiena. Ricordo la storia di una donna e del mal di testa che aveva con assiduità, e di altre persone che accumulavano tensioni alla mandibola e all’articolazione temporomandibolare. Ho trattato persone che volevano ripulirsi da tossine, o persone con vari sintomi anche molto diversi. Ho anche trattato persone che stavano bene, ma che avevano bisogno di scaricare dello stress, accumulato anche “solo” per la quotidianità o magari una serie di circostanze. Io stessa, stando ragionevolmente bene e in equilibrio, ho l’abitudine di farmi trattare da colleghi con una certa regolarità e di usare, in certi momenti, alcuni prodotti omeopatici e/o fitoterapici: magari potrei raggiungere lo stesso risultato anche senza l’aiuto di terapie e di terapeuti, ma così, lavorando con costanza sul mio equilibrio esterno ed interno, ho più energie e vitalità e posso procedere più spedita in ciò che c’è da fare.